Il quattro settembre del 1776 Mozart scrive al suo maestro italiano Padre Martini: «Vivo in un paese dove la musica ha pochissima fortuna». Si riferiva, come si sa, alla natia Salisburgo dove risiedeva in quegli anni. In un periodo segnato da contrasti e difficoltà si pone la composizione della Messa dell'Incoronazione K. 317 in do maggiore. Non molto chiara è l'occasione che determinò la creazione di questa partitura anche se la maggior parte dei biografi mozartiani concordano nel ritenere che il titolo «dell'Incoronazione» ricordi le tradizionali feste per l'anniversario dell'Incoronazione avvenuta per disposizione del Pontefice nel 1751, di una immagine della Vergine, ritenuta miracolosa, che si venerava a Maria Plain nei pressi di Salisburgo e che secondo la tradizione aveva salvato nel 1744 la città dagli orrori della guerra.
Ma a parte l'occasione religiosa che ne aveva determinato la composizione, la struttura di questa Messa riporta la nostra attenzione su tutti gli elementi che caratterizzarono la vita di Mozart in quegli anni salisburghesi. Giustamente nota il De Saint-Foix che con questa Messa, Mozart dà inizio ad un nuovo tipo di musica religiosa: per la misura anche se non per i mezzi usati che sono quelli tradizionali (archi, due oboi, due corni, due trombe, timpani ed un basso costituito da violoncelli, contrabassi, fagotti e organo, oltre al coro e ai solisti di canto). La musica mozartiana ha guadagnato in forza, in vigore persuasivo: essa dà nettamente l'impressione che l'orizzonte del musicista si sia allargato, che egli non si senta più confinato nella sua provincia e che stia gustando qualcosa di più vasto e di più profondo. E' possibile anche ritrovare in questa Messa dell'Incoronazione l'eco dell'amore di Mozart per il teatro; che se non è difficile rendersi conto anche ad orecchio della parentela tra l'aria «Dove sono i bei momenti» delle Nozze di Figaro e l'Agnus Dei di questa partitura, non sfuggirà neppure il carattere di rappresentazione, di «fatto teatrale» che circola nell'intero lavoro mozartiano.
Il teatro è presente anche nei due brani che completano il programma del concerto: due scoppiettanti ouverture rossiniane, assolutamente profane, che ben si sposano con i contrasti dinamici e caratteriali del genio di Salisburgo.
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