Un viaggio poetico attraverso le culture, il tempo e lo spazio, dove lo spirito si muove fra due universi musicali: le corde di un quintetto d’archi coadiuvate dalla presenza di un coro che si confrontano, si mescolano, si fondono con le sonorità del mondo della tradizione di cui Claudia Bombardella, musicista eclettica, polistrumentista, cantante, da anni indaga le forme, “rileggendo in modo originale l’essenza della tradizione, ripresentandola con suoni nuovi e idee creative tanto dal punto di vista timbrico quanto da quello compositivo” (tratto dalla motivazione per il Premio Teresa Viarengo 2008 riservato ad artiste impegnate nella interpretazione di musica tradizionale ed etnica).
“Come una nuvola sospesa fra due mondi” l’uomo si dibatte nel tempo tra il bisogno di vivere una vita terrena ricca ed intensa e il richiamo talvolta impellente di una vita estatica, contemplativa, spirituale.
L’ouverture apre presentando una possibile sintesi dell’universo interiore dell’essere umano: la potenziale calma e profondità percettiva, l’inquietante mondo delle tensioni, la ricerca di armonia vitale e dinamica, l’imprevedibile quanto scontato e ingovernabile movimento dei pensieri.
Da questi elementi contraddittori sorge la preghiera ebraico-bulgara Adinoira, l’inizio di un cammino verso lo spirito, verso l’unione e la comprensione, che attraversando spazi dissonanti risorge sottoforma di archetipo melodico (Yah Ribon) per sviluppare con veemenza nel Canto della Fenice, simbolo di saggezza e capacità di trasformazione.
Nella Leggenda delle rose affiora l’eterno dilemma dell’amore, sempre ricercato all’esterno di noi, un cammino talvolta straziante, talvolta dolce e riflessivo, ma assolutamente necessario e insito nel cammino della vita terrena che si conclude con l’arrivo dell’inverno, ossia della possibilità di tornare all’interno di noi stessi.
Il concerto si dispiega così fra temi introspettivi-intimistici e vitali-estroversi che danno ampio spazio alla musica di elaborare e sviluppare la forza simbolica delle parole, a partire dal canto alla Vergine del ‘700 (Vergin tutto Amor) agli schizzi ironici di Emily Dickinson (To hear an Oriole sing, I fear a man of frugal speech) attraversando linguaggi e stili più disparati.
Infine un richiamo alla nostra tradizione cristiana che si fonde con i ritmi scatenati e pieni di terra della tradizione balcanica (Balcania), quasi fosse il preludio al ritorno alla preghiera Agni Parthene, uno straordinario inno alla Vergine della tradizione greco-ortodossa, un ritorno all’intimità spirituale, a una possibile rinascita e superamento dei ripetitivi cicli della vita.
C. Bombardella
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